VIRGILIO, nell'Eneide paragona Menenzio, in lotta con Enea, ad un cinghiale del Monviso:
«actus aper, multos Vesulus quem pinifer annos
defendit multosque palus Laurentia?»
Vesulus pinifer dai Romani, Vesulo, punta o bricco di Viso dai Piemontesi sopra tutto dai Saluzzesi:
si tratta comunque del Monviso, montagna che si innalza completamente nel territorio italiano tra la Valle Varaita e la Valle Po e nota fin dall'antichità.
Dante lo cita nella sua Divina Commedia «come quel fiume cha proprio cammino prima dal Monte Viso 'nver' levante da la sinistra costa d'Appennino» (Inf, XVI, 95).
Il Monviso (3841 m), considerato a lungo la montagna più alta delle Alpi, deve la sua fama al fatto di avere una forma piramidale tale da essere facilmente riconoscibile da tutta la pianura piemontese, o dalle valli cuneesi o ancora dal versante francese del Queyras.
W. Matheus nel 1861 fu il primo che conquistò la vetta con l'ascesa durata due giorni (29 e 30 agosto) dal versante della Valle Varaita, salendo, dopo aver lambito il bosco dell'Alevè, lungo il Vallone di Vallanta (Pontechianale) e poi delle Forciolline.
Quintino Sella il 12 agosto 1863 con tre guide locali; è il primo scalatore italiano a conquistarne la vetta; fu un evento fondamentale non solo per la vetta raggiunta ma anche perché in questa occasione nacque l'idea di fondare il Club Alpino Italiano
In vetta al Monviso noi ci eravamo aspettati un panorama unico. Basta pensare che da ogni cresta alpina e da ogni angolo del Piemonte e fin dal duomo di Milano si vede il Monviso per farsi un'idea di ciò che da questo si debbe vedere.
lo poi mi aspettavo sopra tutto di avere una nuova occasione di ammirare i grandi colossi delle Alpi come il Monbianco, il Cervino ed il Monrosa. E infatti tu sai come quel che piu importa a vedersi dalla cima di un alto monte non siano tanto lontane città, lontani fiumi che vi si stendono ai piedi come immense carte geografiche. Veramente bella e sublime è invece la vista delle montagne che si elevino ad altezza non minore di quella su cui siete.
Non scorderò mai l'impressione, che provai dalle cime del Monrosa, scorgendo venir su gigante il Monbianco come una massa di grandezza ed altezza inaspettata, la quale torreggiava bianchissima sovra un singolare pianoro formato dai vertici delle altre minori cime delle Alpi.
Ma invece eravamo in una nebbia di fittezza crescente. Essa si squarciò qualche istante per lasciarci vedere la valle del Pellice e Pinerolo, la valle del Gujl, ecc. ma le son miserie da non mentovarsí appetto di quello che ci aspettavamo. Seppimo la sera che nel vallone delle Forcíolline piovette per ben due ore, e chi ci aspettava fu in grande inquietudine sul conto nostro.
Forza fu adunque rassegnarci a scendere, se non altro lieti di essere riusciti nel nostro intento.

QUINTINO SELLA (12 agosto 1863)